L'obbligo di risarcire il danno ingiusto, scolpito a Roma nel 3° secolo a.C., era stato recepito con poche variazioni nel nostro Codice Civile, ma negli ultimi decenni abbiamo assistito a una sua costante espansione sia in estensione (ambito delle responsabilità) sia in profondità (misura del danno) per il congiunto intervento del legislatore, spesso sovranazionale, e della magistratura. Ciò è vero, in particolare, con riguardo alle società.

Esemplare il percorso della responsabilità derivante dall’immissione sul mercato di prodotti difettosi.
La direttiva comunitaria del 1985, recepita nel nostro ordinamento già tre anni dopo, stravolge il quadro tradizionale sia recependo definizioni che travalicano il progressivo affinamento dottrinale e giurisprudenziale, sia introducendo forme di responsabilità oggettiva. Nel tempo, il legislatore è tornato più volte sul tema, direttamente e non, allargando il perimetro e aumentando gli obblighi in materia di sicurezza. Il Codice del Consumo ci porta al 2005 e riordina questo lungo iter giuridico.
La globalizzazione, in parallelo, ha imposto alle aziende conoscenze di diritto privato internazionale molto più ampie che in passato, sollecitando la massima cautela prima di organizzare la commercializzazione dei prodotti in Paesi che hanno declinato il tema su ordinamenti giuridici diversi.
Quasi sempre, a fronte di una precisa analisi del rischio, il mercato assicurativo - pur se più volte scosso da radicali innovazioni tecnologiche e da nuovi rischi di sistema - offre idonee soluzioni per larghe fasce merceologiche. Fra esse non rientrano però vaste aree di mercato, come i settori dell'areonautica, degli autoveicoli e farmaceutico.

Nello stesso arco temporale il legislatore ha sviluppato un'articolata disciplina del danno ambientale, giungendo a profilare nel 2015 una serie di gravi fattispecie penali. La tutela dell'ambiente e della biodiversità hanno poi trovato sanzione definitiva nel 2022, con la modififica di due articoli della nostra Costituzione. Gli assicuratori hanno assecondato questo processo rivoluzionario offrendo coperture a ristoro del danno ambientale diretto e dei costi di bonifica; va però rimarcato che la domanda resta piuttosto tiepida, pur a fronte di casi eclatanti.

Continua è stata poi l’evoluzione in materia di sicurezza nei luoghi di lavoro, malattie professionali, privacy, mobbing, rischi informatici e molte sottospecie legate alla modernità. Sulla maggior parte di queste aree - facilmente riconducibili agli obbligatori modelli di organizzazione, gestione e controllo - si proietta l’ombra assai temibile della responsabilità amministrativa delle società (il D.Lgs 231 è del 2001 e non è stato ancora completamente metabilizzato dagli operatori economici).

Non è davvero improprio affermare che la costruzione di un piano di copertura aziendale, come d’altronde molte scelte organizzative e di processo, deve ormai partire dall’analisi e dal costante monitoraggio delle responsabilità generali e specifiche dell’attività.


IN PRIMO PIANO: RC PRODOTTI - IL RECALL

L’assicurazione dei costi per il richiamo dei prodotti difettosi, tipicamente esclusi dalla polizza per la responsabilità civile prodotti, si sta diffondendo sotto la spinta della forte richiesta da parte dell’industria alimentare.
Il richiamo è una scelta drammatica: solitamente è già accaduto qualcosa e le indagini successive – spesso frenetiche e riservate – attestano che il caso potrebbe ripetersi. L’intervento, a questo punto, dev’essere rapido e determinato: se efficace, da un lato eviterà ulteriori responsabilità e risarcimenti, dall’altro mostrerà al mercato la capacità e volontà di reazione del produttore.
La product recall può coprire i costi di notifica, spedizione, smaltimento, riparazione, sostituzione e rimborso di un prodotto ritirato dal mercato, ma anche eventuali spese di stoccaggio temporaneo o di personale extra legate alle operazioni di richiamo e il mancato profitto, immediato e differito (perdita di produzione e di quote di mercato, spese per la riabilitazione del marchio e più in generale tutto ciò che discende dal danno reputazionale, come i costi per riacquistare spazio sugli scaffali delle catene GDO).

A livello internazionale, più della metà dei premi sottoscritti si riferisce all’industria alimentare, ma questa quota sta calando per l’impulso generato dalle componenti automobilistiche (Toyota, Fiat e VW sono state nella classifica delle grandi campagne di recall) e dai beni di largo consumo (il primo grande ritiro riguardò all’inizio degli anni ’80 un banale analgesico della J&J, mentre nel 2014 IKEA richiamava oltre 4 milioni di lampade per bambini, nel 2016 affondava il modello di punta della linea smartphone Samsung e nell'estate del 2022 è toccato a Kraft-Heinz sgombrare gli scaffali dai succhi di frutta).
A frenare la diffusione della copertura concorrono il suo costo e la fiducia che le imprese nutrono verso i propri sistemi di controllo interni, che invece sono spesso insufficienti (basti pensare allo scandalo scoppiato nel 2013 per la carne di cavallo non dichiarata negli alimenti di grandi marchi, tra cui Findus e Nestlè, con pesante coinvolgimento della relativa catena di fornitura).

Dal punto di vista dell’offerta, il mercato del product recall è ancora appannaggio di poche compagnie in grado di analizzare i rischi, sottoscrivere gli elevati massimali necessari e assistere il cliente nelle molteplici attività che compongono un’operazione di richiamo, che ha costi altissimi e richiede competenze sofisticate ed estremamente composite.

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